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dell'impero romano cap. xiv. 183

La tranquillità di quegli eleganti recessi di comodo e di lusso fu disturbata dalle impazienti mormorazioni dei Romani; e a poco a poco si sparse un rumore, che le somme spese in erigere quegli edifizi si trarrebbero ben tosto dalle lor mani. Verso quel tempo l’avarizia di Galerio, o forse i bisogni dello Stato lo avevano indotto a fare un esatto, e rigoroso esame delle possessioni dei sudditi per l’oggetto di una tassa generale su i terreni, e sulle persone. Sembra che si prendesse un minutissimo registro dei loro beni effettivi; e dovunque era il minimo sospetto di nascondiglio, si adoperava francamente la tortura per ottenere una sincera dichiarazione delle loro personali ricchezze1. Più non si aveva riguardo a quei privilegi, che avevano innalzata l’Italia sopra la condizione delle Province; e già i ministri delle pubbliche entrate cominciavano a numerare il popolo Romano, ed a determinare la proporzione delle nuove tasse. Anche dopo la totale estinzione dello spirito di libertà, hanno talvolta i sudditi più avviliti osato di resistere ad una inaspettata invasione del lor patrimonio; ma in questa occasione fu l’ingiuria aggravata dall’insulto, ed il sentimento del privato interesse fu ravvivato da quello dell’onor nazionale. La conquista della Macedonia (come già abbiamo osservato) aveva liberato i Romani dal peso delle tasse personali. Benchè avessero provato ogni forma di dispotismo, avevano ornai goduto di quella esenzione per quasi 500 anni; nè potevano essi pazientemente soffrire l’insolenza di un Illirico contadino

    sale è ora la chiesa dei Certosini; ed è bastato un sol calidario per un’altra chiesa, che appartiene ai Bernardoni.

  1. Lattanzio de M. P. c. 26, 31.