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soldati, se potevano esitare un momento tra l’onore di mettere alla lor testa il degno figliuolo del loro diletto Imperatore, e l’ignominia di vilmente aspettare l’arrivo di qualche oscuro straniero, al quale si fosse il Sovrano dell’Asia compiaciuto di donare le armate e le province dell’Occidente. Fu ad essi insinuato che la gratitudine e la liberalità erano le distinte virtù di Costantino: e questo Principe artificioso non si presentò alle truppe finchè non furono disposte a salutarlo coi nomi di Augusto e d’Imperatore. Il trono era l’oggetto delle sue brame: e quando ancora fosse stato meno animato dall’ambizione, era il trono per lui l’unico mezzo di salvezza. Egli ben conosceva il carattere ed i sentimenti di Galerio, e sapeva bastantemente che se desiderava di vivere, doveva determinarsi a regnare. La decente, anzi ostinata resistenza che egli volle affettare1, era destinata a giustificare la sua usurpazione; nè egli cedè alle acclamazioni dell’esercito finchè preparati non ebbe i materiali propri per una lettera, che immediatamente spedì all’Imperatore d’Oriente. Costantino gli faceva noto il tristo evento della morte del padre; modestamente sosteneva il suo natural diritto alla successione, e rispettosamente si lagnava che l’affettuosa violenza delle sue truppe non gli avesse permesso di procurarsi l’Imperial porpora coi metodi regolari e legali. I primi moti di Galerio furono di sorpresa, di sconcerto, e di rabbia; e siccome egli poteva rare volte frenare le sue passioni, altamente minacciò di dare alle fiamme e la lettera ed il mes-

  1. Eumene, il suo panegirista (VII. 8.) ardì di asserire in presenza di Costantino, che questi avea dato di sprone al suo cavallo e tentato, ma in vano, di fuggire dalle mani de’ suoi soldati.