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quillamente delle lezioni sulla virtù della moderazione. Si rammentino essi la propria loro moderazione verso l’infelice Valeriano. Essi lo vinsero con frode, lo trattarono con indegnità. Lo ritennero fino all’ultimo momento della sua vita in vergognosa prigionia, e dopo la sua morte ne esposero il corpo ad una perpetua ignominia." Raddolcito però il suo stile, Galerio fece intendere all’Ambasciatore, che non erano mai stati usati i Romani a calpestare un nemico umiliato, e che in quell’occasione avrebbero consultato la propria loro dignità anzi che il merito dei Persiani. Licenziò Afarbane colla speranza, che presto sarebbe Narsete informato a qual condizione ottener poteva dalla clemenza degli Imperatori una pace durevole, e la restituzione delle sue mogli e de’ suoi figliuoli. Da questo abboccamento possiamo rilevare le feroci passioni di Galerio, non meno che la sua deferenza al superior consiglio ed all’autorità di Diocleziano. L’ambizione del primo abbracciava la conquista dell’Oriente, ed avea proposta di ridurre la Persia in provincia. La prudenza del secondo, che aderiva alla moderata politica di Augusto o degli Antonini, profittò della favorevole occasione di terminare una guerra fortunata con una pace onorevole e vantaggiosa1.

In conseguenza delle loro promesse gl’Imperatori subito dopo destinarono Sicorio Probo, uno de’ loro segretari, a notificare alla Corte Persiana l’ultima loro risoluzione. Come ministro di pace fu egli ricevuto con

  1. "Adeo Victor" (dice Aurelio) "ut ni Valerius, cujas nudi omnia gerebantur, abnuisset, Romani fasces in provinciam novam ferrentur. Verum pars terrarum tamen nobis utilior quaesita".