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dell'impero romano cap. ii. 49

rità delle sue antiche cerimonie; ed il Senato romano, usando del comun privilegio, s’interponeva talvolta per frenare questa inondazione di riti stranieri. La superstizione egiziana, la più disprezzabile ed abbietta di tutte, frequentemente fu proibita: i tempj di Serapide e d’Iside furono demoliti, ed i loro adoratori banditi da Roma e dall’Italia1. Ma lo zelo del fanatismo prevalse ai freddi e deboli sforzi della politica. Gli esiliati tornarono, si moltiplicarono i proseliti, i tempj furon riedificati con maggior lustro, ed Iside e Serapide ebbero alfine un posto tra le romane divinità2. Nè questa indulgenza era un allontanarsi dalle vecchie massime di governo. Nei più bei secoli della Repubblica, Cibele ed Esculapio erano stati invitati in Roma con solenni ambasciate3, ed era costume di tentare i protettori delle città assediate con la promessa di onori più segnalati di quelli, che ricevevano nel

  1. Nell’anno di Roma 701 il tempio d’Iside, e di Serapide fu demolito per ordine del Senato. (Dione l. XL p. 252), e dalle mani stesse del Console, Val. Mass. I. 3. Dopo la morte di Cesare fu riedificato a spese del pubblico, Dione. l. XLVII. pag. 501. Augusto nella sua dimora in Egitto rispettò la maestà di Serapide, Dione l. LI. p. 647, ma proibì il culto dei Numi egiziani nel Pomerio di Roma, e un miglio all’intorno, Dione l. LIII p. 679 e 1. LIV pag. 735. Queste Divinità rimasero per altro in moda sotto il suo regno. Ovid. De art. am. l. I, e sotto il suo successore, finchè la giustizia di Tiberio fu tratta ad usare qualche severità (ved. Tacito, Annal. II 85; Giuseppe Antichità l. XVIII c. 3.
  2. Tertulliano Apolog. c. 6 p. 74 ediz. Averc. Credo che questo stabilimento possa attribuirsi alla pietà della famiglia Flavia.
  3. Ved. Tito Livio l. XI e XXIX.