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42 | storia della decadenza |
CAPITOLO II.
Unione ed interna prosperità del romano Imparo
nel secolo degli Antonini.
Non per la rapidità o estensione delle sue conquiste soltanto si dee valutare la grandezza di Roma. Il Sovrano dei deserti della Russia comanda ad una porzione più vasta del globo. Nella settima estate dopo il suo passaggio dell’Ellesponto, Alessandro innalzava i trofei macedoni sulle rive dell’Ifasi1. In meno di un secolo l’irresistibile Gengis e i principi Mogolli di quella stirpe estesero le crudeli devastazioni, ed il passeggiero loro dominio dal mar della China ai confini dell’Egitto e della Germania2. Ma il saldo edifizio della potenza romana fu levato in alto o conservato dalla prudenza di molti secoli. Le contrade che obbedivano a Traiano ed agli Antonini, erano unite con le leggi, ed adornate dalle arti. Esse potevano accidentalmente soffrire per l’abuso parziale di una autorità delegata; ma il principio generale del Governo era savio, semplice e benefico. Gli abitatori delle province godevano della religione de’ loro antenati, mentre negli onori e vantaggi civili per giusti gradi venivano alzati ad un’eguaglianza con i loro conquistatori.