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dell'impero romano cap. i. 27

toriani, come autori di quasi tutte le rivoluzioni che lacerarono l’Impero, richiameranno ben presto e strepitosamente la nostra attenzione; ma nelle loro armi e nelle loro istituzioni non possiamo trovare alcuna circostanza che li distingua dalle legioni, se questa non fosse una splendida comparsa, ed una disciplina men rigorosa1.

La forza navale mantenuta dagl’Imperatori potrebbe sembrare inadeguata alla loro grandezza; ma era sufficientissima ad ogni util disegno del Governo. L’ambizione dei Romani era limitata alla terra, nè mai quel popolo bellicoso fu animato dallo spirito intraprendente, che aveva spinto i naviganti di Tiro, di Cartagine e anche di Marsilia ad estendere i confini del mondo, e ad esplorare le più remote coste dell’Oceano. Era per li Romani l’Oceano un oggetto di terrore anzi che di curiosità2; tutta l’estensione del Mediterraneo, dopo la distruzion di Cartagine e l’estirpazione dei pirati, era inclusa dentro le loro province. La politica degli Imperatori era soltanto diretta a conservare il pacifico dominio di questo mare, ed a proteggere il commercio dei loro sudditi. Con queste mire di moderazione, Augusto pose due flotte permanenti nei porti più adatti dell’Italia, una a Ravenna sull’Adriatico, l’altra a Miseno nella baia di Napoli. Pare che l’esperienza col

  1. Tacito Annal. IV. 5 ci ha dato uno stato delle legioni sotto Tiberio, e Dione lib. LV p. 794 sotto Alessandro Severo. Io ho procurato di prendere un giusto mezzo tra questi due periodi. Vedasi ancora Giusto Lipsio, De magnitudine romana l. I c. 4 5.
  2. I Romani procurarono di nasconder la loro ignoranza, ed il terrore sotto il velo di un religioso rispetto. V. Tacito, costumi dei Germani, c. 34.