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dell'impero romano cap. i. 23

Barbari nemici erano spesso forzate o indotte ad esercitare il loro pericoloso valore in climi remoti, e in servizio dello Stato1. Tutti questi eran compresi sotto il nome generale di ausiliari, e comunque potessero variare per la diversità dei tempi o delle circostanze, rare volte però il loro numero era inferiore a quello delle legioni medesime2. Le truppe più valorose e fedeli tra le ausiliari erano poste sotto il comando dei Prefetti e dei Centurioni e severamente esercitate nelle arti della disciplina romana; ma per la maggior parte ritenevano quelle armi, alle quali più particolarmente le rendevano atte o la natura della patria, o la prima educazione della vita. Con queste istituzioni ogni legione, a cui si assegnava una certa porzione di ausiliari, conteneva in se ogni sorta di truppe più leggiere, e di armi lanciabili; ed era capace di affrontarsi con ogni nazione per la superiorità delle sue rispettive armi e della sua disciplina3. Nè era la legione priva affatto di ciò che nel moderno linguaggio si chiamerebbe treno di artiglieria. Consisteva questo in dieci macchine militari delle più grandi, ed in cinquantacinque più piccole, ciascuna delle quali obliquamente o orizzontalmente lanciava pietre e dardi con violenza irresistibile4.

  1. Marco Aurelio, dopo aver vinto i Quadi ed i Marcomanni, li obbligò a fornirgli un considerabil corpo di truppe, che subito spedì nella Britannia. Dion. l. LXXI.
  2. Tacito, Annal. IV, 5. Coloro i quali parlano di un certo numero di pedoni, e del doppio di cavalli, confondono gli ausiliari degl’Imperatori con gl’Italiani alleati della Repubblica.
  3. Vegezio, II 2. Arriano, nella sua descrizione della marcia, e della battaglia contro gli Alani.
  4. Il Cav. Folard (nel suo Commentario sopra Polibio,