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che dall’anno dugentocinquanta all’anno dugentosessantacinque, infierì senza interrompimento in ogni provincia, in ogni città e quasi in ogni famiglia dell’Impero romano. Per qualche tempo morirono giornalmente in Roma cinquemila persone; e rimasero interamente spopolate1 molte città, ch’erano scampate dalle mani dei Barbari.

Abbiamo notizia di un’assai curiosa circostanza, forse non inutile nel malinconico computo delle umane calamità. Si teneva in Alessandria un esatto registro di tutti i cittadini, autorizzati a ricevere la distribuzione del grano. Si trovò che l’antico numero di quelli compresi tra l’età de’ quaranta e de’ sessant’anni, era stato uguale all’intera somma de’ postulanti dai quindici anni fino agli ottanta, che restarono vivi dopo il regno di Gallieno2. Applicando questo fatto autentico alle più corrette tavole della mortalità, esso prova evidentemente, ch’era quasi perita la metà del popolo di Alessandria; e se ci potessimo arrischiare ad estendere l’analogia alle altre province, potremmo sospettare che la guerra, la peste e la fame avessero, in pochi anni, consumata la metà del Genere Umano3.


fine del volume primo.

  1. Stor. Aug. p. 177. Zosimo l. I. p. 24. Zonara, l. XII p. 623. Euseb. Chronicon. Vittore in Epitom. Vittore in Caesarib. Eutropio IX 5. Orosio VII 21.
  2. Euseb. Stor. Eccles. VII 2l. 1l fatto è preso dalle Lettere di Dionisio, che nel tempo di quelle turbolenze era Vescovo di Alessandria.
  3. In un gran numero di Parrocchie si trovarono 11000 persone tra i quattordici e i diciott’anni; 5365, tra i quaranta e settanta. Vedi Buffon, Stor. Nat. tom. II pag. 590.