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408 | storia della decadenza |
ch’esso spiegò senza ritegno, appena divenuto unico possessore dell’Impero. In ogni arte da lui tentata, il vivace suo ingegno lo assicurava del felice successo; e privo essendo di giudizio il suo ingegno, egli ogni arte tentò, fuorchè le sole importanti, della guerra e del governo. Era eccellente in molte curiose, ma inutili scienze, pronto oratore, elegante poeta1, abile giardiniere, cuoco eccellente, e sprezzabilissimo Principe. Nel tempo che le grandi emergenze dello Stato richiedevano la sua presenza e la sua attenzione, egli s’occupava in discorsi col filosofo Plotino2, consumava il suo tempo in frivoli o licenziosi piaceri, s’iniziava nei greci misterj, o faceva premure per ottenere un posto nell’Areopago di Atene. La sua profusa magnificenza insultava l’universal povertà; la ridicola solennità de’ suoi trionfi faceva più profondamente sentire il pubblico disonore3. Egli riceveva
- ↑ Esiste ancora un bellissimo epitalamio composto da Gallieno pel matrimonio di sua nipote.
Ite ait, o Juvenes, pariter sudate medullis
Omnibus, inter vos: non murmura vestra columbae,
Brachia non hederae, non vincant oscula conchae. - ↑ Era sul punto di regalare a Plotino una città rovinata della Campania per tentare di realizzare colà la repubblica di Platone. Vedasi la vita di Plotino, scritta da Porfirio, nella Biblioteca Greca di Fabrizio l. IV.
- ↑ Una medaglia, che ha l’impronta della testa di Gallieno, ha sommamente imbarazzati gli antiquarj colle parole della leggenda Gallienae Augustae, e con quelle che si vedono nel rovescio Ubique pax. Il sig. Spanhemio suppone che questa medaglia fosse coniata da qualche nemico di Gallieno, e ch’era un’amara satira della condotta effeminata di questo Principe. Ma siccome l’uso dell’ironìa sembra indegno della gravità della moneta romana, perciò il Sig. di Vallemont da un passo di