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dell'impero romano cap. x. | 405 |
detta; ma è certo soprattutto che lo stesso Principe, che aveva nell’Armenia spiegato il dolce carattere di legislatore, si mostrò ai Romani sotto il feroce aspetto di conquistatore. Disperando egli di fare alcuno stabilimento permanente nell’Impero, procurò solamente di lasciar dietro a se una devastata solitudine, mentre trasportava nella Persia il popolo e le ricchezze delle province1.
Nel tempo che l’Oriente tremava al nome di Sapore, questi ricevè un dono non indegno dei Re più grandi, un lungo seguito di cammelli, carichi delle più rare e preziose mercanzie. La ricca offerta era accompagnata da una rispettosa, ma non servil lettera di Odenato, uno dei più nobili ed opulenti Senatori di Palmira. „Chi è questo Odenato„ (disse il superbo vincitore, e comandò che fossero i doni gettati nell’Eufrate) „che così insolentemente ardisce di scrivere al suo Signore? S’egli spera addolcire il suo castigo, cada con le mani legate dietro le spalle prostrato a’ piedi del nostro trono. S’egli indugia un momento, la distruzione si spargerà prontamente sulla sua testa, sull’intera sua stirpe e sulla sua patria„2. La disperata estremità, alla quale fu il Palmireno ridotto, mise in azione tutte le ascose potenze del suo spirito. Andò egli incontro a Sapore, ma con le armi in mano. Comunicando il suo coraggio ad un piccolo esercito, raccolto dai villaggi della Siria3, e dal-
- ↑ Zosimo, l. I p. 25, assicura che Sapore sarebbe restato padrone dell’Asia, se non avesse preferito il bottino alle conquiste.
- ↑ Pietro Patricio Excerpta legat. p. 29.
- ↑ Syrorum agrestium manu. Sesto Rufo c. 23. Secondo Rufo, Vittore, Stor. Aug. p. 192 e più iscrizioni, Odenato era un cittadino di Palmira.