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396 | storia della decadenza |
bilità, e quei Barbari divennero padroni della sede natia delle Muse e delle Arti. Ma mentre i conquistatori si abbandonavano alla licenza del saccheggio ed alla intemperanza, la flotta loro, che stava con poca guardia nel porto, fu inaspettatamente assalita dal valoroso Dexippo, che fuggendo coll’ingegnere Cleodamo dal sacco di Atene, adunò in fretta una banda di volontarj contadini e soldati, e vendicò in qualche modo la calamità della sua patria1.
Ma questa impresa, per quanto lustro gettar potesse sul decadente secolo di Atene, servì piuttosto ad irritare, che a sottomettere l’intrepido coraggio de’ settentrionali invasori. Un generale incendio si accese nel tempo stesso in ogni distretto della Grecia. Tebe ed Argo, Corinto e Sparta, che avean fatte altre volte sì memorabili guerre fra loro, non poterono allora mettere in campo un esercito, o difendere neppure le rovinate loro fortificazioni. Il furor della guerra, e per terra e per mare, si stese dalla punta orientale di Sunio fino alla costa occidentale dell’Epiro. Si erano già i Goti innoltrati alla vista dell’Italia, quando l’avvicinamento di un così imminente pericolo risvegliò l’indolente Gallieno dal voluttuoso suo sonno. Comparve armato l’Imperatore; e sembra che la sua presenza reprimesse l’ardore, e dividesse la forza dei nemici. Naulobato, un capo degli Eruli, accettò un’onorevole capitolazione, entrò con un numeroso corpo
- ↑ Stor. Aug. p. 18l. 1ittore, cap. 33. Orosio, VII. 42. Zosimo, L. I, p. 35. Zonara, l. XII, 635. Sincello, p.382. Non si possono senza qualche attenzione spiegare o conciliare i loro imperfetti racconti. Possiamo tuttavia rinvenire alcune tracce della parzialità di Dexippo nella relazione delle sue proprie imprese, e di quelle dei suoi concittadini.