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dell'impero romano cap. x. | 381 |
mento, era la più dolce alle loro orecchie. Meritarono essi, e presero, e conservarono il glorioso epiteto di Franchi o uomini liberi, che nascondeva, ma non distruggeva i particolari nomi dei varj popoli confederati1. Il tacito consenso, ed il vantaggio scambievole dettarono le prime le prime leggi di quella unione; l’uso e l’esperienza l’assodarono a poco a poco. La lega dei Franchi può in qualche modo paragonarsi al Corpo Elvetico, nel quale ogni Cantone ritenendo la sua indipendente sovranità, consulta insieme co’ suoi fratelli nella causa comune, senza riconoscere l’autorità di verun Capo supremo o di una rappresentante assemblea2. Ma il principio delle due confederazioni era estremamente diverso. Uno spirito incostante, la sete della rapina, ed il violamento de più solenni trattati disonorarono il carattere dei Franchi.
Avevano i Romani per lungo tempo sperimentato l’ardimentoso valore dei popoli della Germania inferiore; l’unione delle loro forze minacciò alla Gallia una più formidabile invasione, e richiese la presenza di Gallieno, erede e collega della imperiale dignità3. Mentre questo Principe, col suo figliuolo Salonino ancora fanciullo, spiegava nella Corte di Treveri la maestà dell’Impero, erano le sue armate abilmente condotte da Postumo loro Generale, il quale, benchè tradisse di poi la famiglia di Valeriano, fu però sempre fedele al grande interesse della Monarchia. L’ingannevole linguaggio dei panegirici e delle medaglie oscu-