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dell'impero romano cap. x. 375

mentre generosamente si distribuivano doni e sussidj agli amici ed ai supplicanti, venivano fieramente negati a chiunque li pretendea come un debito1. Ma questa stipulazione di un’annuale paga ad un nemico vittorioso si mostrò senza velo nell’aspetto di un vergognoso tributo; gli animi dei Romani non erano avvezzi ancora a ricevere leggi così ineguali da una tribù di Barbari; ed il Principe che con una necessaria concessione avea forse salvata la patria, divenne l’oggetto del disprezzo e dell’avversion generale. La morte di Ostiliano, benchè accadesse nel colmo della più fiera pestilenza, fu interpretata come un personale delitto di Gallo2; e la disfatta persino dell’ultimo Imperatore fu dalla voce del sospetto attribuita ai perfidi consigli dell’abborrito suo successore3. La tranquillità di cui godè l’Impero nell’anno primo del suo governo4, servì piuttosto ad inasprire, che a calmare il pubblico disgusto; ed appena che allontanati furono i timori di guerra, l’infamia della pace più grave divenne e più sensibile.

[A. D. 253] Ma furono assai più irritati i Romani, allorchè si avvidero che neppure il sacrificio del loro onore assicurato aveva il loro riposo. Il fatal secreto dell’opulenza e della debolezza dell’Impero era stato svelato

  1. Vedi la fermezza d’un Generale romano fino al tempo di Alessandro Severo nell’Excerpta legationum, p. 25. Ediz. del Louvre.
  2. Per la peste Vedi Giornandes, c. 19, e Vittore in Caesaribus.
  3. Queste improbabili accuse sono allegate da Zosimo l. I p. 23 24.
  4. Giornandes, c. 19. Il Gotico Scrittore almeno osservò la pace, che i suoi compatriotti aveano giurata a Gallo.