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dell'impero romano cap. x. | 373 |
nè poteano essi maneggiare i pesanti lor dardi in quell’incomoda situazione. I Barbari, al contrario, erano avvezzi a combattere nel fango; alti erano di statura, ed avean lunghe lance per ferir da lontano„1. In questa palude, dopo un inutil contrasto fu l’esercito romano irreparabilmente perduto; nè potè mai ritrovarsi il corpo dell’Imperatore2. Tal fu il destino di Decio nell’anno cinquantesimo, Principe perfetto, attivo in guerra, ed affabile in pace3, e che insieme col suo figliuolo ha meritato di essere paragonato, nella sua vita e nella sua morte, ai più luminosi esemplari dell’antica virtù4.
[A. D. 251] Questo colpo fatale umiliò, ma per poco, l’insolenza delle legioni. Sembra che pazientemente attendessero, o ricevessero con sommissione il decreto del Senato, che regolava la successione al trono. Per un giusto riguardo alla memoria di Decio, fu il titolo imperiale conferito ad Ostiliano, unico suo figlio superstite: ma si diede un grado uguale, ed un più effettivo potere a Gallo, la cui esperienza ed abilità parevano proporzionate al grande impegno di Custode del giovinetto e dell’Impero angustiato5. [A.D. 252] La prima
- ↑ Ho ardito di copiare da Tacito (Ann. I 64) la descrizione di simile combattimento tra un esercito romano ed una tribù di Germani.
- ↑ Giornandes c. 18. Zosimo l. I p. 22. Zonara I. XII p. 629 Aurelio Vittore.
- ↑ I Decj furono uccisi prima dell’anno dugento cinquantuno, poichè i nuovi Principi presero il possesso del Consolato nelle seguenti calende di Gennaio.
- ↑ La Storia Augusta (p. 223.) assegna ad essi un posto molto onorevole tra il piccolo numero dei buoni Imperatori i quali regnarono tra Augusto e Diocleziano.
- ↑ Haec ubi Patres comperere.... decernunt. Victor in Caesarib.