Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/40


dell'impero romano cap. i. 3

e dei prigionieri stati già presi nella disfatta di Crasso1.

Nel principio del suo regno tentarono i suoi Generali di soggiogare l’Etiopia e l’Arabia Felice. S’innoltrarono essi per mille miglia verso la parte meridionale del Tropico; ma l’eccessivo calore del clima ben tosto respinse questi invasori, e difese i pacifici abitatori di quelle separate contrade2. Le regioni settentrionali dell’Europa meritavano appena la spesa e la fatica di conquistarle. Le foreste e le paludi della Germania erano popolate da una moltitudine di uomini barbari e coraggiosi, che disprezzavano una vita, a cui la libertà non fosse compagna; e sebbene nel primo assalto parvero cedere al peso della potenza romana, ben presto con un atto segnalato di disperazione riacquistarono la loro indipendenza, e rammentarono ad Augusto le vicende della fortuna3.

  1. Vedasi Dione Cassio l. LIV p. 736 con le note di Reymar. Dal marmo di Ancira, sul quale Augusto aveva fatto scolpire le sue vittorie, si ricava che questo imperatore costrinse i Parti a render le insegne di Crasso.
  2. Strabone l. XVI pag. 780; Plinio Stor. Nat. 1. VI c. 32, 35, e Dione Cassio 1. LIII p. 723, e 1. LIV p. 734 ci hanno lasciato molte curiose particolarità intorno a queste guerre. I Romani s’impadronirono di Mariaba o Merab, città dell’Arabia Felice, ben conosciuta dagli Orientali (v. Abulfeda, e la Geografia della Nubia p. 52). Essi penetrarono, dopo una marcia di tre giorni, sino al paese che produce gli aromati, principale oggetto della loro invasione.
  3. Per la strage di Varo e delle sue tre legioni (v. il primo libro degli Annali di Tacito, Svetonio vita d’Augusto c. 23, e Vell. Paterc. 1. II c. 117 ec.). Augusto non ricevè la nuova di questa disfatta con tutta la moderazione e costanza, che si dovea naturalmente aspettare dal suo carattere.