Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/39

2 storia della decadenza


peratori tutta la potenza esecutiva del Governo.

[Dal 98. al 180.] Nel felice corso di più d’ottant’anni, la pubblica amministrazione fu regolata dalla virtù e dalla abilità di Nerva, di Traiano, di Adriano, e dei due Antonini. In questo e nei due seguenti capitoli, descriveremo il prospero stato del loro Impero, ed esporremo le più importanti circostanze della sua decadenza e rovina, dopo la morte di Marco Antonino; rivoluzione che sarà rammentata mai sempre, e della quale le nazioni della terra tuttor si risentono.

Le principali conquiste dei Romani furon terminate al tempo della Repubblica, e gl’Imperatori quasi tutti si contentarono di conservare quegli Stati, che la politica del Senato, l’attiva emulazione dei Consoli, ed il marziale entusiasmo del popolo avevano acquistati. I sette primi secoli furono una rapida successione di trionfi; ma era riservato ad Augusto di abbandonare l’ambizioso disegno di soggiogare tutta la Terra, e introdurre nei pubblici Consigli uno spirito di moderazione. Egli, e per temperamento e per le circostanze, inclinato alla pace, facilmente conobbe, che Roma in quello stato di elevazione avea molto più da temer che da sperare per l’evento dell’armi; e che nella continuazione di guerre remote, l’impresa diveniva ogni dì più difficile, più incerto l’esito, il possesso più precario e men vantaggioso. L’esperienza di Augusto aggiunse peso a queste savie riflessioni, ed efficacemente il convinse, che col prudente vigor dei consigli, agevole gli riuscirebbe ottenere ogni concessione cui la salvezza o la dignità di Roma potesse richiedere dai più formidabili Barbari. Invece di espor se e le sue legioni ai dardi dei Parti, egli ottenne con un trattato onorifico la restituzione delle insegne