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332 | storia della decadenza |
loro portavano ciò che più stimavano, le armi, il bestiame, e le donne, abbandonarono con piacere il vasto silenzio dei loro boschi per le illimitate speranze di preda e di conquista. Gl’innumerabili sciami, che uscirono, o parvero uscire dal grande alveare delle nazioni, furono moltiplicati dal timore dei vinti, e dalla credulità dei secoli successivi. E sopra fatti così esagerati, a poco a poco si stabilì l’opinione sostenuta da varj scrittori di riputazione distinta, che nel secolo di Cesare e Tacito gli abitanti del Settentrione erano molto più numerosi che non lo sono a’ dì nostri1. Un più serio esame sulle cause della popolazione pare che abbia convinto i moderni filosofi della falsità, anzi dell’impossibilità di questa supposizione. Ai nomi di Mariana e di Macchiavello2, possiamo opporre i non meno illustri nomi di Robertson e di Hume3.
Una nazione bellicosa come i Germani, senza città, lettere, arti, o moneta, trovava qualche compenso a questo stato selvaggio nel godimento della libertà. La loro povertà ne assicurava la indipendenza, giacchè i nostri desiderj e i nostri possessi sono le più forti catene del dispotismo. „Tra i Suioni,„ dice Tacito, „i ricchi vengono onorati. Sono però soggetti ad un assoluto monarca, che invece di permettere al suo popolo il libero uso delle armi, come si pratica nel resto della Germania, le confida alla sicura custodia non di un cittadino, o di un liberto, ma di uno schiavo. I Sitoni, vicini dei Suioni, oppressi dalla servitù,