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dell'impero romano cap. viii. | 305 |
della maomettana, ne dedurremo con molta probabilità, che il regno di Artaserse conteneva almeno un numero eguale di città, di villaggi e di abitatori. Ma conviene confessare altresì, che in ogni secolo la mancanza di porti di mare, e la scarsezza di acqua dolce nelle province interne, hanno molto impedito il commercio e l’agricoltura dei Persiani; e sembra che nel calcolo del loro numero, essi abbiano usato uno de’ più meschini, benchè comuni artifizi della vanità nazionale.
Appena che l’ambizioso Artaserse ebbe trionfato della resistenza de’ suoi vassalli, cominciò a minacciare gli Stati vicini, che durante il lungo letargo de’ suoi predecessori avevano impunemente insultata la Persia. Ottenne diverse facili vittorie contro i barbari Sciti e gli effeminati Indiani; ma i Romani erano nemici, che per le offese passate e per la potenza presente esigevano tutto lo sforzo delle sue armi. Alle vittorie di Traiano erano succeduti quarant’anni di tranquillità, frutto del valore e della moderazione di esso. Nell’intervallo che passò dal principio del regno di Marco Aurelio al regno di Alessandro, vi fu due volte la guerra tra i Parti ed i Romani; e benchè gli Arsacidi impiegassero tutte le loro forze contro una parte delle milizie di Roma, questa fu per lo più vittoriosa. Macrino, mosso dalla sua precaria situazione e dalla sua pusillanimità, comprò la pace pel prezzo di quasi quattro milioni di zecchini1; ma i Generali di Marco Aurelio, l’imperatore Severo ed il suo figlio eressero molti trofei nella Armenia, nella Mesopotamia, e nella Siria. Di tutte le loro imprese (l’imperfetta relazione delle quali avreb-
- ↑ Dione l. XXVIII p. 1355.