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dell'impero romano cap. viii. | 293 |
scendenza della monarchia, sostenne i suoi diritti al trono, e prese il nobile impegno di liberare i Persiani dall’oppressione, sotto la quale gemevano per più di cinque secoli dopo la morte di Dario. I Parti furon disfatti in tre grandi battaglie. Nell’ultima di queste perì il loro Re Artabano, e con esso fu abbattuto per sempre lo spirito della nazione1. L’autorità di Artaserse venne riconosciuta solennemente in una grande adunanza tenuta a Balch nel Korasan. Due più giovani rampolli della reale famiglia di Arsace furon confusi tra i Satrapi umiliati. Un terzo, più ricordevole dell’antica grandezza che della presente necessità, tentò di ritirarsi con un seguito numeroso di vassalli verso il Re di Armenia, suo congiunto; ma questa piccola armata di disertori fu sorpresa e distrutta dalla vigilanza del conquistatore2, il quale prese arditamente il doppio diadema, e il titolo di Re dei Re, goduto dal suo predecessore. Ma questi pomposi titoli in vece di gratificare la vanità del Persiano, servirono solamente a rammentargli il suo dovere, e a destargli in seno l’ambizione di render alla religione e all’Impero di Ciro tutto il suo primiero splendore.
I. Durante la lunga servitù della Persia sotto il giogo dei Macedoni e dei Parti, le nazioni dell’Europa e dell’Asia avevano scambievolmente adottate e corrotte le superstizioni l’una dell’altra. Gli Arsacidi osservavano, è vero, il culto dei Magi; ma lo disonoravano macchiandolo con vario mescuglio di straniera idolatria. La memoria di Zoroastro, antico profeta