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da negli animi superstiziosi. Il lungo loro intervallo1 eccedeva il termine della vita umana; e come niuno degli spettatori gli avea veduti, così niuno si potea lusingare di rivederli di nuovo. Si celebravano per tre notti i mistici sacrifizj sulle rive del Tevere; ed il campo Marzio, in fra le danze risuonava di concenti, illuminato da una quantità innumerabile di torce e di lampadi. Gli schiavi e gli stranieri non poteano in verun modo essere a parte di quelle nazionali cerimonie. Un coro di ventisette nobili giovanetti, e di altrettante nobili vergini, che non avessero perduto il padre o la madre, imploravano dai Numi propizj il loro favore per la presente e per la futura generazione, supplicandoli con inni devoti a conservare (secondo la fede degli antichi oracoli) la virtù, la felicità, e l’Impero del Popolo romano2. La magnificenza degli spettacoli di Filippo abbagliò gli occhi della moltitudine. I devoti erano interamente occupati nelle religiose cerimonie, mentre i pochi pensatori rivolgevano nelle loro ansiose menti la storia passata ed il futuro destino dell’Impero.

Erano già scorsi mille anni da che Romolo, con una picciola truppa di pastori e di banditi, venne a stabilirsi sulle colline vicino al Tevere3. Nei quattro primi se-

  1. Questo intervallo era di cento, o centodieci anni. Varrone e Livio adottarono la prima opinione, ma l’ultima fu consacrata dalla infallibile autorità delle Sibille (Censorino. De die Natali c. 17.) Gl’Imperatori Claudio e Filippo non si conformarono agli ordini dell’oracolo.
  2. L’idea dei giuochi secolari si ricava meglio dall’ode di Orazio e dalla descrizione di Zosimo l. 1I p. 167. ec.
  3. L’adottato calcolo di Varrone, assegna alla fondazione di Roma un’Era che corrisponde all’anno 754. avanti G. C.