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dell'impero romano cap. vii. 283

ra, avean tirato un impenetrabile velo tra l’innocente Principe e gli oppressi suoi sudditi. Fu tradita la virtuosa disposizione di Gordiano, e senza di lui saputa, benchè pubblicamente, si venderono le cariche dell’Impero ai più indegni tra gli uomini. Non ci è noto per qual fortunato accidente l’Imperatore si liberasse da quella vergognosa schiavitù, e desse poi la sua confidenza ad un Ministro i cui prudenti consigli non avevano altro oggetto che la gloria del Sovrano e la felicità del popolo. È probabile che l’amore ed il sapere procurassero a Misiteo il favor di Gordiano.

Il giovanetto Principe sposò la figlia del suo maestro di rettorica, e promosse il suocero alle prime cariche dell’Impero. Esistono ancora due ammirabili lettere che tra loro si scrissero. Il Ministro con quel nobile coraggio che viene inspirato dalla coscienza della propria virtù, si congratula con Gordiano, perchè si è liberato dalla tirannia degli eunuchi1, ed ancor più perchè sente e conosce la propria sua libertà. L’Imperatore confessa, con un’amabile confusione, gli errori della sua passata condotta; e con eloquenti espressioni deplora la sventura di un Monarca, a cui vien sempre nascosta la verità dalla venal turba dei cortigiani2.

Misiteo avea passata la vita nella profession delle

  1. Storia Aug. p. 161. Da alcune particolarità contenute in queste due lettere, io penso che gli eunuchi fossero scacciati dal palazzo con qualche violenza, e che il giovane Gordiano si contentò di approvare la loro disgrazia senza acconsertirvi.
  2. Duxit uxorem filiam Misithei, quem causa eloquentiae dignum parentela sua putavit, et praefectum statim fecit; post quod, non puerile jam et contemptibile videbatur imperium.