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di Cesare, fu il solo che i soldati credessero degno di occupare il trono vacante1. Lo condussero al campo ed unanimemente lo salutarono Imperatore ed Augusto. Il suo nome era caro al Senato ed al Popolo; la sua tenera età prometteva una lunga impunità alla militare licenza; e la sommissione di Roma e delle province alla scelta fatta dai Pretoriani, salvò la Repubblica (con danno per altro della sua libertà e della sua autorità) dagli orrori di una nuova guerra civile nel cuore della Capitale2.

Siccome il terzo Gordiano morì in età di diciannove anni, la storia della sua vita, quand’anche ci fosse stata descritta con maggiore esattezza, conterrebbe poco più che il ragguaglio della sua educazione e della condotta dei ministri, che a vicenda regolarono la semplice ed inesperta di lui gioventù, o che ne abusarono. Subito dopo il suo avvenimento, cadde nelle mani degli eunuchi di sua madre, perniciosa peste orientale, che dal regno di Elagabalo in poi aveva sempre infestata la Corte romana. Questi scellerati, con artificiosa congiu-

  1. Quia non alius erat in praesenti'. Stor. Aug.
  2. Quinto Curzio (l. X c. 9) elegantemente si rallegra coll’Imperatore del giorno, perchè colla felice sua assunzione al trono ha spente tante fiamme, fatti rientrare tanti brandi nella guaina, e posto fine ai mali di un diviso Governo. Dopo avere attentamente pesate tutte le parole di questo passo, non vedo in tutta la Storia romana altr’epoca, alla quale possa meglio convenire che all’innalzamento di Gordiano. In questo caso si potrebbe determinare il tempo in cui ha scritto Quinto Curzio. Quei che lo pongono sotto i primi Cesari, si fondano sulla purità e sull’eleganza del suo stile; ma non possono spiegare il silenzio di Quintiliano, che ci ha data una lista esattissima degli Storici romani senza far menzione dell’autore della vita di Alessandro.