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280 | storia della decadenza |
dei Pretoriani. Essi accompagnarono gl’Imperatori in quel giorno memorabile del loro pubblico ingresso in Roma; ma in mezzo alle universali acclamazioni, il truce e cupo contegno dei medesimi Pretoriani mostrava bastantemente che si consideravano piuttosto come gli oggetti, che come i compagni del trionfo. Quando l’intero corpo di quelli che avean seguitato Massimino, e di quelli ch’erano rimasti in Roma, fu riunito nel loro campo, si comunicarono insensibilmente i loro lamenti e timori. Gl’Imperatori, scelti dall’armata, erano ignominiosamente periti; e quegli eletti dal Senato sedevano in trono1. La lunga discordia tra la potenza civile e la militare era stata decisa con una guerra, nella quale la prima aveva ottenuta una piena vittoria. I soldati dovean dunque adottare nuove massime di ubbidienza al Senato; e qualunque clemenza affettasse quella politica assemblea, essi temevano una lenta vendetta, colorita col nome di disciplina, e giustificata col bel pretesto del pubblico bene. Ma stava sempre nelle lor mani la sorte loro, e se avevano il coraggio di sprezzare i vani terrori di una impotente Repubblica, potean facilmente convincere il Mondo, che i padroni delle armi eran padroni del Governo ancora e dello Stato.
Quando il Senato elesse due Principi, è probabile che, oltre l’esposta ragione di provvedere alle diverse emergenze della pace e della guerra, avesse pure il secreto desiderio d’indebolire con la divisione il dispotismo della suprema Magistratura. Fu efficace la loro politica, ma divenne fatale agli Imperatori e a loro me-
- ↑ Il Senato aveva imprudentemente fatta questa osservazione; e lo notarono i soldati come un insulto. Stor. Aug. p. 270.