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stituzione sulle rovine della tirannide militare. „Qual ricompensa possiamo aspettarci per avere liberata Roma da un mostro?„ dimandò Massimo in un momento di libertà e di confidenza. Balbino immediatamente rispose: „L’amor del Senato, del Popolo, e di tutto il genere umano„. - „Ahimè„ riprese il suo più penetrante Collega „ahimè! io pavento l’odio dei soldati, ed i funesti effetti del loro risentimento„1. L’evento giustificò pur troppo i suoi timori.

Nel tempo che Massimo si preparava a difendere l’Italia contro il comune nemico, Balbino, rimasto in Roma, si era trovato impegnato in qualche scena di sangue e d’intestina discordia. La diffidenza e la gelosia regnavano nel Senato; e nei templi stessi dove si adunava, ciaschedun Senatore portava armi palesi o nascoste. In mezzo alle loro deliberazioni, due veterani delle guardie, mossi dalla curiosità o da qualche reo disegno, entrarono audacemente nel tempio, e si avanzarono verso l’altare della Vittoria. Gallicano, Senator consolare, e Mecenate, Senator pretoriano, videro con isdegno la loro insolente intrusione, onde snudati i loro pugnali uccisero quegli spioni (che tali li riputavano) a piedi dell’altare; ed avanzandosi poi alla porta del Senato esortarono imprudentemente la moltitudine a trucidare i Pretoriani, come secreti aderenti del tiranno. Quelli, che sfuggirono al primo furor del tumulto, si ricovrarono nel campo, e lo difesero con un vantaggio superiore contro i reiterati assalti del popolo, assistito dalle numerose turme dei gladiatori appartenenti ai ricchi nobili. La

  1. Stor Aug. p. 171.