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dell'impero romano cap. vii. | 273 |
ragione; e che quel barbaro avea qualche parte del generoso spirito di Silla, il quale soggiogò i nemici di Roma, prima di pensare a vendicarsi delle sue private offese1.
Quando le truppe di Massimino, avanzando in buon ordine, furono giunte ai piedi delle Alpi Giulie, rimasero atterrite dal silenzio e dalla desolazione che regnavano nelle frontiere dell’Italia. Al loro arrivo i villaggi e le aperte città erano state abbandonate dagli abitanti, gli armenti condotti via, le provvisioni trasportate o distrutte, rotti i ponti, nulla fu insomma lasciato, che dar potesse asilo o sussistenza ad un invasore. Questi erano stati gli ordini prudenti dei Generali del Senato, il cui disegno era di mandare in lungo la guerra per rovinare l’esercito di Massimino con i lenti progressi della fame, e consumar la di lui forza negli assedj delle città principali dell’Italia, ch’essi aveano pienamente munite d’uomini e di provvisioni, disertandone le campagne. Aquileia ricevè ed arrestò il primo impeto dell’invasione. I fiumi, che sgorgano dalla cima del golfo Adriatico, gonfj dalle disciolte nevi del verno2 opposero un o-
- ↑ Velleio Patercolo l. II c. 24. Il presidente di Montesquieu, nel suo dialogo tra Silla ed Eucrate, esprime il sentimento del Dittatore in una maniera sublime ed ingegnosa.
- ↑ Il Muratori (Ann. d’Italia tom. II. p. 294) crede che lo scioglimento delle nevi indichi piuttosto il mese di Giugno o di Luglio, che quel di Febbraio. L’opinione di uno che passava la vita tra le Alpi e gli Appennini, è senza dubbio di gran peso: conviene per altro osservare; I. che il lungo inverno, sul quale si fonda il Muratori, non si trova che nella versione latina, e che il testo greco di Erodiano non ne fa menzione. II. che le piogge ed il sole, al quale furono i soldati di Massimino esposti successivamente (Erod. l. 1III p. 277), indicano