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266 | storia della decadenza |
promessa di un generoso donativo in terre e danari: furono abbattute le statue di Massimino: la Capitale dell’Impero riconobbe con trasporto l’autorità dei due Gordiani, e del Senato1: ed il resto dell’Italia seguitò l’esempio di Roma.
Un nuovo spirito erasi risvegliato in quell’adunanza, la cui lunga pazienza era stata insultata dallo sfrenato dispotismo, e dalla licenza militare. Il Senato prese le redini del Governo, e con ferma intrepidità si preparò a sostenere colle armi la causa della libertà. Tra i Senatori consolari, per merito e per i loro servizj, favoriti dall’Imperatore Alessandro, fu cosa facile lo sceglierne venti capaci di comandare un esercito e di regolare una guerra. Fu a questi affidata la difesa dell’Italia: fu ciascuno destinato ad agire nel suo rispettivo dipartimento, autorizzato ad arrolare e disciplinare la gioventù Italiana, ed istruito a fortificare i porti e le strade maestre contro l’imminente invasione di Massimino. Diversi deputati, scelti tra i Senatori o cavalieri più illustri, furono spediti nel tempo stesso ai Governatori delle diverse province, per vivamente esortarli a correre al soccorso della patria, e per rammentare alle nazioni i loro antichi vincoli di amicizia col Senato e col popolo romano. Il rispetto generale, con il quale furono ricevuti quei Deputati, e lo zelo dell’Italia e delle province in favore del Senato provano bastantemente che, i sudditi di Massimino erano ridotti a quell’estreme angustie, nelle quali il popolo tutto ha più da temere dall’oppressione, che dalla resistenza. L’evidenza di questa trista verità inspira un grado
- ↑ Erod. l. VII p. 244.