Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
260 | storia della decadenza |
congiura, ammessi all’udienza del Procuratore lo trucidarono con i pugnali, che aveano nascosti; ed assistiti dal loro tumultuoso seguito s’impadronirono della piccola città di Tisdro1, inalberandovi l’insegna della ribellione contro il Sovrano del romano Impero. Appoggiavano le loro speranze sull’odio generale contro Massimino, e prudentemente si risolvettero di opporre a quel detestato tiranno un Imperatore, che colle sue dolci virtù avea già acquistato l’amore e la stima dei Romani, e la cui autorità su quella provincia potea dar peso e stabilità all’impresa. Gordiano, loro Proconsole, ed oggetto della loro scelta, ricusò con una sincera ripugnanza quel pericoloso onore, e piangendo li supplicò di lasciargli terminare in pace una vita lunga ed innocente, senza macchiare col sangue civile la sua debole età. Le loro minacce lo costrinsero ad accettare la porpora imperiale, per lui ormai unico refugio contro la gelosa crudeltà di Massimino; giacchè, secondo la massima dei tiranni, chiunque è stato riputato degno del trono, merita la morte, e colui che delibera, si è già ribellato2.
La famiglia di Gordiano era una delle più illustri del Senato romano: per parte di padre discendeva dai Gracchi, per quella poi della madre dall’Imperatore Traiano. Un gran patrimonio gli dava campo di sostenere la dignità della sua nascita, ed ei lo godeva mostrando un gusto elegante, ed una benefica indole. Il
- ↑ Nel fertile territorio di Bizacena a cento cinquanta miglia da Cartagine verso mezzogiorno. Fu probabilmente Gordiano, che dette il nome di Colonia a quella città, e vi fece fabbricare un anfiteatro, che il tempo ha rispettato. Vedi Itineraria Wesseling p. 59. ed i viaggi di Shaw pag. 117.
- ↑ Erod. l. VII p. 239, Stor. Aug. p. 153.