Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/271

234 storia della decadenza

di dolore e di vergogna, confessarono tacitamente giustizia del loro castigo, ed il potere della disciplina: deposero le armi e le insegne militari, e senza tornare al campo, confusamente si ritirarono ne’ diversi alberghi della città. Alessandro per trenta giorni godè l’edificante spettacolo del loro pentimento, nè li ristabilì nel loro grado primiero, finchè non ebbe puniti colla morte quei Tribuni, la connivenza dei quali avea cagionato il tumulto. La riconoscente legione si mantenne fedele all’Imperatore finchè egli visse; e morto lo vendicò1.

Le risoluzioni della moltitudine generalmente dipendono da un momento; e il capriccio della passione poteva egualmente determinare la legione sediziosa a gettare le armi ai piedi dell’Imperatore, o ad immergergliele nel seno. Forse scopriremmo le cagioni secrete della intrepidezza del Principe, e dell’obbedienza delle truppe in quel fatto singolare, se questo fosse stato sottoposto all’esame da un filosofo; e forse anco, se lo avesse riferito uno storico giudizioso, quest’azione, degna di Cesare, perderebbe tutto il tuo merito, riducendosi al comun livello delle altre azioni convenienti al carattere di Alessandro Severo. Sembra che i talenti di questo Principe amabile non sieno stati proporzionati alla sua critica situazione; e che la fermezza della sua condotta non fosse eguale alla purità delle sue intenzioni. Le sue virtù aveano, come i vizj di Elagabalo, contratta una tintura di debolezza nell’effeminato clima della Siria, dov’egli era nato; arrossiva per altro d’essere d’origine straniera, e con una vana compiacenza ascoltava gli adulatori genealogisti, che lo facevano di-

  1. Storia Aug. p. 132.