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dell'impero romano cap. vi. | 219 |
regno, e ne trasmisero l’obbrobrio alla posterità. Una capricciosa prodigalità suppliva alla mancanza del buon gusto e dell’eleganza, e mentre Elagabalo dissipava i tesori dello Stato nelle maggiori stravaganze, egli stesso e i suoi adulatori facevano applauso ad un genio e ad una magnificenza incognita alla bassezza de’ suoi predecessori. Sue delizie erano il confondere gli ordini delle stagioni, e dei climi1, il farsi beffe delle passioni e dei pregiudizj dei sudditi, e sovvertire tutte le leggi della natura e della decenza. Un numeroso seguito di concubine, ed una rapida successione di mogli (tra le quali vi fu una Vestale rapita a forza dal sacro asilo2,) non servivano a soddisfare l’impotenza delle sue passioni. Il padrone del Mondo romano, affettando d’imitare le femmine nel vestito o nelle maniere, preferì la conocchia allo scettro, disonorò le prime cariche dell’Impero, distribuendole a’ suoi numerosi amanti; uno de’ quali ricevè pubblicamente il titolo e l’autorità di marito3
- ↑ Non mangiava mai pesce, se non quando era lontanissimo dal mare; allora ne distribuiva ai paesani dell’interno una immensa quantità delle specie più rare, ed il trasporto costava spese enormi.
- ↑ Dione l. LXXIX p. 1358; Erod. l. V p. 192.
- ↑ Jerocle ebbe questo onore; ma sarebbe stato supplantato da un certo Zotico, se trovato non avesse il modo d’indebolire il suo rivale con una bevanda. Fu questi vergognosamente scacciato dal palazzo, quando si trovò che la sua forza non corrispondeva alla sua riputazione. (Dione l. LXXIX. 1363 1364.) Un ballerino fu fatto prefetto della città; un cocchiere, prefetto della guardia; un barbiere, prefetto delle provvisioni. Vedi la Stor. Aug. p. 105 ove parlasi delle qualità che rendevano stimabili questi tre ministri e molti altri inferiori, (enormitate membrorum.)
ne avesse immaginato un altro che più piacesse al palato dell’Imperatore. Stor. Aug. p. 111.