Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/247

210 storia della decadenza

sprezzati i suoi militari talenti, e n’era sospetto il coraggio. Un rumore sparsosi pel campo, scoprì il fatale segreto della congiura contro l’estinto Imperatore; la viltà dell’ipocrisia aggravò l’atrocità del delitto, e s’unì l’odio a far maggiore il disprezzo. Per alienare affatto i soldati, e procacciarsi una rovina inevitabile, altro non mancava a Macrino, che pretendere di riformare la disciplina; e per la sua particolare sventura, si vide costretto a cominciare questa odiosa riforma. La prodigalità di Caracalla avea quasi rovinato lo Stato e lasciato tutto in disordine; e se quell’indegno tiranno fosse stato capace di riflettere sulle inevitabili conseguenze della sua condotta, si sarebbe forse rallegrato al tristo prospetto delle miserie e calamità, che preparava ai suoi successori.

Usò Macrino in questa necessaria riforma una circospetta prudenza, che avrebbe con modo facile e impercettibile saldate le piaghe dello Stato, e restituito gli eserciti romani nel loro primo vigore. Fu egli costretto di lasciare ai soldati già arrolati i pericolosi privilegi e l’esorbitante paga accordata loro da Caracalla; ma obbligò le nuove reclute ad accettare il più moderato, comechè liberale sistema di Severo, ed a poco a poco le avvezzò alla modestia ed all’obbedienza1. Un errore funesto distrusse i salutevoli effetti di un disegno così giudizioso. In cambio di disperdere immediatamente nelle diverse province la numerosa armata, che l’ultimo Imperatore avea radunata in Oriente,

  1. Dione l. LXXXIII p. 1336. Il senso dell’autore è chiaro come l’intenzione del Principe; ma il Sig. Wotton non ha inteso nè l’uno nè l’altra, applicando la distinzione non ai veterani ed alle reclute, ma alle antiche e nuove legioni (Stor. di Roma p. 347).