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dell'impero romano cap. vi. | 209 |
vazione dei Prefetti del Pretorio faceva rammentare la bassezza della loro origine; e l’Ordine Equestre era sempre stato in possesso di quel grande uffizio, che esercitava un arbitrario potere sopra le vite e sopra i beni de Senatori. Si cominciò a mormorare, che un uomo, la cui oscura estrazione1 non era mai stata illustrata da qualche segnalato servizio, osasse portare la porpora, invece di rivestirne qualche cospicuo Senatore, per nascita e per dignità, meritevole dello splendore del trono. Appena i malcontenti ebbero esaminato con occhio acuto il carattere di Macrino, vi scoprirono facilmente alcuni vizj e molti difetti. La scelta de’ suoi Ministri gli meritò spesso giusti rimproveri; ed il popolo, mal soddisfatto, con la solita libertà accusava insieme l’indolente dolcezza e l’eccessiva severità del Sovrano2.
La temeraria ambizione di Macrino l’aveva fatto montare a tale altezza, ch’era difficile il mantenervisi, ed impossibile il caderne senza incontrare la morte. Educato nelle forme della Corte e tra gli affari civili, tremava in presenza della fiera e indisciplinata moltitudine, della quale aveva preso il comando; erano di-
- ↑ Egli nacque a Cesarea nella Numidia, e fu da prima impiegato nella casa di Plauziano, e poco mancò che involto non fosse nella sua rovina. I suoi nemici hanno preteso che nato schiavo, egli avesse esercitate diverse infami professioni, e fra le altre quella di gladiatore. L’uso di avvilire l’origine e la condizione di un avversario sembra avere durato dal tempo degli oratori greci fino ai dotti grammatici dell’ultimo tempo.
- ↑ Dione ed Erodiano parlano delle virtù e dei vizj di Macrino con imparziale sincerità. Ma l’autore della sua vita nella Stor. Aug. sembra che abbia ciecamente copiato alcuni di quegli scrittori, la cui penna, venduta all’Imperatore Elagabalo, aggravò la memoria del suo predecessore.