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suo carattere. Girarono gli occhi all’intorno in cerca d’un altro competitore, e finalmente cederono con ripugnanza alle sue promesse di una illimitata liberalità ed indulgenza. Poco tempo dopo il suo avvenimento conferì al figlio Diadumeniano, in età di soli 10 anni, il titolo imperiale, e il nome di Antonino sì caro al popolo. Si sperò che la bellezza del giovane, assistita da un donativo straordinario, al quale quella cerimonia servì di pretesto, potesse guadagnare il favor dell’esercito, ed assicurare il trono vacillante di Macrino.

L’autorità del nuovo Sovrano era stata ratificata dalla lieta sommissione del Senato e delle province. Esultavano per l’inaspettata loro liberazione da un odiato tiranno; e non sembrava necessario di esaminare le virtù di un successore di Caracalla. Ma appena furono cessati i primi trasporti di sorpresa e di gioia, si cominciò ad esaminare i meriti di Macrino con una severa critica, ed a biasimare la precipitata scelta dell’armata. Si era fino allora considerato, come principio fondamentale della costituzione, che l’Imperatore dovesse sempre essere scelto tra i Senatori, e che il sovrano potere, non più esercitato da quell’intero corpo, fosse sempre delegato a qualcheduno dei suoi membri. Ma Macrino non era Senatore1. La subita ele-

  1. Elagabalo rimproverò il suo predecessore di avere ardito di sedere in trono, benchè come Prefetto del Pretorio non avesse la libertà di entrare in Senato, dopo che la voce del banditore avea fatta sgombrare la sala. Il favor personale di Plauziano e di Seiano gli aveva messi al di sopra di tutte le leggi. Erano questi, per vero dire, stati tratti dall’Ordine Equestre; ma conservarono la prefettura con il grado di Senatore, e con il Consolato ancora.