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allora nella Siria. Ma non ostante la celerità dei pubblici corrieri, un amico di Macrino trovò mezzo di avvertirlo del suo vicino pericolo. L’Imperatore ricevè le lettere da Roma, e siccome egli era allora impegnato in guidare un cocchio alla corsa, le consegnò senza aprirle al Prefetto del Pretorio, ordinandogli di spedire gli affari ordinarj, e di dargli ragguaglio dei più importanti. Lesse Macrino l’imminente suo fato, e risolse di prevenirlo. Infiammò alcuni uffiziali inferiori, già malcontenti, ed impiegò la mano di Marziale, disperato soldato, che non avea potuto ottenere il grado di Centurione. La devozione di Caracalla avealo mosso a fare un pellegrinaggio da Edessa al celebre tempio della Luna a Carre. Era accompagnato da un corpo di cavalleria; ma essendosi fermato sulla strada per qualche necessario bisogno, le guardie si tennero per rispetto in distanza, e Marziale accostandosi a lui sotto pretesto di ossequio, lo trafisse con un pugnale. Fu il temerario assassino immediatamente ucciso da un arciere scita della guardia imperiale. Questo fine ebbe quel mostro, la cui vita disonorò l’umana natura, e il cui regno accusò la pazienza dei Romani1. I soldati riconoscenti, obbliando i suoi vizj, ne rammentavano solamente la parziale generosità, ed obbligarono i Senatori a prostituire la loro dignità, e quella della religione, con accordargli un posto fra i Numi.

Finchè egli fu sulla terra, Alessandro il Grande fu il solo Eroe, che questo Nume giudicasse degno della sua ammirazione. Ne prese il nome e l’insegne, formò per la sua guardia una falange macedone, perse-

  1. Dione l. LXXVIII p. 1312. Erod. l. IV p. 168.