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dell'impero romano cap. vi. | 197 |
zione veruna tra i loro appartamenti; le porte ed i passaggi furono diligentemente fortificati, e poste e mutate sentinelle, come ad una piazza assediata. Gl’Imperatori non s’incontravano che in pubblico, in presenza dell’afflitta lor madre, e circondato ciascuno da un numeroso stuolo di armati. In quelle stesse occasioni di pubbliche cerimonie, la dissimulazione delle Corti potea mal celare il rancore dei loro cuori1.
Questa guerra intestina già cominciava a lacerare lo Stato, quando fu suggerito un piano, che pareva ugualmente vantaggioso ai due fratelli nemici. Fu proposto, che non essendo possibile di riconciliare i loro animi, separassero i loro interessi, o dividessero fra loro l’Impero. Le condizioni del trattato erano già distese con qualche esattezza. In esse si conveniva, che Caracalla, come fratello maggiore, rimarrebbe padrone dell’Europa e dell’Africa occidentale, rilasciando la sovranità dell’Asia e dell’Egitto a Geta, il quale potea risedere in Alessandria, o in Antiochia, città per opulenza e grandezza poco inferiori alla stessa Roma; che si terrebbero del continuo accampati numerosi eserciti sulle due rive del Bosforo Tracio, per difendere le frontiere delle Monarchie rivali; e che i Senatori d’origine europea riconoscerebbero. il Sovrano di Roma, mentre i nativi dell’Asia seguiterebbero l’Imperatore dell’Oriente. Le lagrime dell’Imperatrice Giulia ruppero un trattato, la cui prima idea avea ripieno ogni petto romano di sorpresa e di sdegno. La vasta massa dell’Impero era tal-
- ↑ Erodiano l. IV p. 139.