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dell'impero romano cap. vi. | 195 |
visione dell’Impero, egli tentò più di una volta di accorciare quei pochi giorni di vita, che restavano al padre, e procurò, ma vanamente, di eccitare una sedizione fra le truppe1. Il vecchio Imperatore avea spesso criticata la malaccorta indulgenza di Marco Aurelio, che con un solo atto di giustizia avrebbe salvati i Romani dalla tirannide dell’indegno suo figlio. Posto nelle circostanze medesime, provò quanto facilmente l’affetto di padre addolcisca il rigore di giudice. Egli deliberava, minacciava, ma non sapeva punire; e questo suo ultimo e solo esempio di clemenza fu di più danno all’Impero, che non la lunga serie delle sue crudeltà2.
Le angustie dell’animo irritarono i mali del corpo: egli desiderava impazientemente la morte, e questa sua impazienza ne affrettò la venuta. Morì a York l’anno sessantacinquesimo della sua età, e diciottesimo di un regno fortunato e glorioso. Nei suoi ultimi momenti raccomandò la concordia ai suoi figli, ed i suoi figli all’esercito. Il salutevole avviso non giunse al cuore, anzi neppure mosse l’attenzione di quei giovani impetuosi; ma le truppe più obbedienti, memori del lor giuramento di fedeltà e dell’autorità dell’estinto Signore, resisterono alle sollecitazioni di Caracalla, e proclamarono ambedue i fratelli Imperatori di Roma. I nuovi Principi baciarono subito i Caledonj in pace, ritornarono alla capitale, celebrarono il funerale del padre con onori divini, e furono riconosciuti con piacere per sovrani legittimi dal Senato, dal Popolo, e dalle province. Pare che fosse accordata al maggiore qualche pre-