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dell'impero romano cap. iv. 141

d’Ercole Romano1. Si videro accanto al trono la clava e la pelle del leone tra l’altre insegne della sovranità; e si alzarono statue, nelle quali Commodo era rappresentato nel carattere, e cogli attributi di quel Nume, il valore e la destrezza del quale egli si sforzava d’imitare nel giornaliero corso de’ suoi feroci trattenimenti2.

Trasportato da queste lodi, che a poco a poco estinguevano il sentimento innato della vergogna, risolvè di fare dinanzi al popolo quegli esercizj, che fin allora aveva per proprio decoro eseguiti dentro le mura del suo palazzo, e alla presenza di pochi suoi Favoriti. Nel giorno prefisso, l’adulazione, il timore e la curiosità attirarono all’anfiteatro una moltitudine innumerabile di popolo, e fu giustamente fatto qualche applauso alla non ordinaria perizia del Principe. Mirasse egli al cuore o alla testa della fiera, il colpo era ugualmente certo e mortale. Armato di dardi la cui punta era fatta a foggia di mezzaluna, arrestava sovente il rapido corso dello struzzo, tagliandogli il lungo ossuto collo3. Scioglievasi una pantera, e nel momento che si lanciava sopra un malfattore tremante, volava lo strale, che l’uccideva senza alcun danno dell’uomo. Le cave dell’anfiteatro mandavan fuori ad un tratto cento leoni, e cento dardi lanciati dalla mano sicura di Commodo gli uccidevano, mentre correvan furiosi intorno l’arena. Nè la massa enorme dell’elefante, nè la squammosa pelle del rinoceronte potevan salvarli dal colpo fatale. L’India e l’Etiopia somministra-

  1. Spanhem. de Numismat. Dissert. XIII tom. II pag. 593.
  2. Dione l. LXXII p. 1216. Stor. Aug. p. 49.
  3. Il collo dello struzzo è lungo tre piedi, e composto di diciassette vertebre. Vedi Buffon Stor. Nat.