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dell'impero romano cap. iv. 139

lutava il sommo potere che per la illimitata licenza di appagare i suoi sensuali appetiti. Passava i giorni in un serraglio di trecento bellissime donne, e di altrettanti ragazzi di ogni grado e di ogni provincia; e quando la seduzione riusciva inutile, quell’amante brutale ricorreva alla violenza. Gli Storici antichi1 si sono estesi in descrivere quelle dissolute scene della prostituzione, che facevan fremere egualmente la natura e la modestia; ma sarebbe difficile il tradurre le loro troppo fedeli descrizioni nella decenza del moderno linguaggio. I trattenimenti più vili riempivano gl’intervalli della libidine. L’influenza di un secolo illuminato, e le cure d’un’attenta educazione, non avean potuto inspirare a quell’anima rozza e brutale il minimo amor del sapere; ed egli fu il primo de’ romani Imperatori affatto privo di gusto pei piaceri dell’intelletto. Nerone stesso era musico e poeta eccellente, o affettava di esserlo, e noi non condanneremmo il suo genio, se quegli studj, che non dovean servirgli che di dolce sollievo, non fossero divenuti l’affare più serio per lui, e l’oggetto più vivo della sua ambizione. Ma Commodo, sin da’ suoi prim’anni, mostrò avversione a tutte le scienze ed arti liberali, ed eccessivo amore ai divertimenti della plebaglia, ai giuochi del circo e dell’anfiteatro, ai combattimenti dei gladiatori, ed alla caccia delle fiere. I maestri di ogni scienza, che Marco Aurelio procacciò al suo figlio, erano ascoltati con disattenzione e con noja; mentre che i Mori ed i Parti, che

  1. „Sororibus suis constupratis, ipsas concubinas suas sub oculis suis stuprari jubebat. Nec irruentium in se juvenum carebat infamia, omni parte corporis atque ore in sexum utrumque pollutus.„ Stor. Aug. p. 47.