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134 storia della decadenza

ciò a regnar nelle truppe lo spirito di diserzione, e invece di fuggire o celarsi per porsi in sicuro, i disertori infestarono le strade maestre. Materno, semplice soldato, ma intraprendente e di un coraggio maggiore della sua condizione, raccolse queste bande di ladri in una piccola armata. Aprì le prigioni, invitò gli schiavi a rompere le loro catene, e devastò impunemente le opulente e non difese città della Gallia e della Spagna. I governatori delle province furono per lungo tempo tranquilli spettatori, o forse anche partecipi delle sue rapine. Gli ordini minaccianti dell’Imperatore li riscossero alfine da quella supina indolenza. Materno, trovandosi circondato da tutte le parti, e prevedendo di dover succumbere, prese per ultimo espediente una disperata risoluzione. Ordinò a’ suoi compagni, che si disperdessero, e passate le Alpi in piccoli distaccamenti, e travestiti variamente, si trovassero tutti in Roma per le tumultuose feste di Cibele1. Il suo ambizioso disegno di assassinar Commodo, e impadronirsi del trono vacante, non era da ladro volgare. Aveva egli preso tanto bene le sue misure, che già le strade di Roma erano tutte piene delle sue truppe nascoste. L’invidia di uno dei complici scoprì questa singolare impresa, e la sconcertò nel momento che2 era matura per l’esecuzione.

  1. Nella seconda guerra Punica, i Romani portarono dall’Asia il culto della madre degli Dei. La sua festa Megalesia cominciava al 4 di Aprile, e durava sei giorni. Le strade erano piene di pazze processioni, i teatri di spettatori, e le pubbliche mense di qualunque sorta di convitati. L’ordine e il buon governo rimanevan sospesi, e il piacere era l’unica seria occupazione della città. Ved. Ovid. de Fastis lib. IV 189 ec.
  2. Erodiano l. I p. 23 28.