Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
130 | storia della decadenza |
va accordata a quei Barbari, inspirava una gioia universale1; si attribuiva al suo amor per la patria l’impazienza di riveder Roma; e si perdonava facilmente ad un Principe di diciannov’anni lo sfrenato corso dei suoi divertimenti.
Pei tre primi anni del suo regno il sistema, ed anche lo spirito del passato governo fu conservato da quei fidi consiglieri, ai quali Marco Aurelio aveva raccomandato il suo figlio, e per la prudenza ed integrità dei quali Commodo conservava ancora un forzato rispetto. Egli con i suoi malvagi compagni si dava alle dissolutezze con tutta la sfrenatezza del sovrano potere; ma le sue mani non erano ancor lorde di sangue, ed aveva anzi mostrata una generosità di sentimenti, che poteva forse cambiarsi in soda virtù2: un infausto accidente determinò il suo incerto carattere.
Una sera, mentre l’Imperatore ritornava per un portico stretto ed oscuro dall’anfiteatro al palazzo3, un assassino, che l’attendeva al passo, se gli avanzò con la spada sguainata, gridando ad alta voce: Questo ti manda il senato. La preventiva minaccia impedì il colpo: l’assassino fu preso dalle guardie, e rivelò immediatamente gli autori della congiura. Questa era una congiura domestica, e non di Stato. Lucilla, sorella di Commodo e vedova di Lucio Vero, mal sof-
- ↑ Questa letizia universale è ben descritta dietro le medaglie e gli Storici dal Sig. Wotton. Stor. di Roma p. 192 e 193.
- ↑ Manilio, il segretario confidente di Avidio Cassio, fu scoperto, dopo aver vissuto nascosto diversi anni. L’Imperatore dissipò nobilmente la pubblica inquietudine ricusando di vederlo, e bruciando tutti i suoi fogli. Dione l. LXXII p. 1209.
- ↑ Ved. Maffei degli Anfiteatri p. 126.