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dell'impero romano cap. iv. 127

I vizj mostruosi del figlio hanno adombrato lo splendore delle virtù del padre. Si è rimproverato a Marco Aurelio di avere scelto un successore piuttosto nella sua famiglia che nella Repubblica, e sacrificata la felicità di milioni d’uomini alla sua eccessiva tenerezza per un indegno ragazzo. L’attento padre, per altro, e i dotti e virtuosi uomini, dei quali cercò l’assistenza, niente trascurarono per estendere il limitato intelletto del giovane Commodo, per correggerne i vizj nascenti, e per renderlo degno del trono a lui destinato. Ma la forza dell’educazione raramente è molto efficace, eccetto in quelli nati con felici disposizioni, ed ai quali è quasi superflua. I frivoli discorsi di un indegno Favorito facevano in un momento scordare a Commodo le noiose lezioni dei gravi filosofi; e Marco Aurelio perdè il frutto di tante cure, ammettendo il suo figlio in età di quattordici o quindici anni ad una piena partecipazione della dignità imperiale. Egli morì quattr’anni dopo, ma visse assai per pentirsi di un passo imprudente, che liberò un giovane così impetuoso dal giogo della ragione e dell’autorità.

Molti fra i delitti, i quali disturbano la pace interna della società, derivano dal freno che le necessarie ma ineguali leggi di proprietà hanno posto ai desiderj degli uomini, ristringendo in pochi il possesso di quelle cose che molti desiderano. Di tutte le nostre passioni quella di dominare è la più imperiosa e meno sociabile, giacchè l’orgoglio di un solo esige la sommissione di tutti. Nel tumulto delle discordie civili le

    mentario di Spanhem. sopra i Cesari di Giuliano p. 389. L’apoteosi di Faustina è il solo difetto, che il critico Giuliano possa scoprire nel perfettissimo carattere di Marco Aurelio.