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storia della decadenza |
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scinar le sue dorate catene in Roma o nel Senato, o a passar la vita in esilio sulle rupi scoscese di Serifo, o sulle gelide rive del Danubio, aspettava il suo fato con tacita disperazione1. Funesta era la resistenza, e la fuga impossibile. Per ogni parte era cinto da una vasta estensione di mare e di terra, ch’esso non mai poteva sperar di valicare senza essere scoperto, preso, e restituito al suo Sovrano irritato. Al di là dei confini, la sua vista ansiosa non iscopriva che l’Oceano, deserti inospiti, tribù nemiche di Barbari, di costumi feroci e di linguaggio sconosciuto, o Re dipendenti, che con piacere avrebber comprata la protezion dell’Imperatore con il sacrificio di un reo fuggitivo2. Dovunque siate, dice Cicerone all’esiliato Marcello, ricordatevi che voi siete egualmente dentro le forze del conquistatore3.
- ↑ Serifo, isola del mare Egeo, era un piccolo scoglio, i cui abitanti erano disprezzati per la loro ignoranza, ed oscurità. I versi di Ovidio ci hanno fatto ben conoscere il luogo del suo esilio con i suoi giusti, ma vili lamenti. Pare che egli ricevesse solamente l’ordine di lasciar Roma in tanti giorni, e trasportarsi a Tomi. Ubbidì senza essere accompagnato nè da guardie nè da carcerieri.
- ↑ Sotto Tiberio, un cavaliere romano tentò di fuggire tra i Parti, ma fu arrestato nello stretto della Sicilia. Quest’esempio però parve tanto poco pericoloso, che il più geloso dei tiranni sdegnò di punirlo. Tacit. Ann. VI 14.
- ↑ Cic. ad familiares IV 7.