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dell'impero romano cap. iii. | 123 |
primo magistrato1, alla clemenza del quale più applaudivano nel tempo, in cui più temevano la inesorabile sovrastante di lui crudeltà2. Il tiranno riguardava la loro viltà con giusto disprezzo, ed ai loro sentimenti secreti di detestazione corrispondeva con un odio sincero e scoperto per tutto il Corpo senatorio.
II. La divisione dell’Europa in un numero di Stati indipendenti, connessi però gli uni con gli altri per la general somiglianza di religione, di lingua e di costumi, produce le conseguenze più utili per la libertà del genere umano. Un moderno tiranno, a cui non facesser resistenza i rimorsi ed il popolo, troverebbe ben presto un efficace ritegno nell’esempio de’ suoi eguali, nel timore della presente censura, negli avvertimenti de’ suoi alleati, e nelle minacce de’ suoi nemici. L’oggetto del suo sdegno, fuggendo dagli angusti limiti de’ suoi Stati, otterrebbe facilmente in un clima più felice un sicuro rifugio, una nuova fortuna adeguata al suo merito, la libertà di lagnarsi, e forse i mezzi di vendicarsi. Ma l’Impero dei Romani si stendeva per tutto il Mondo, e quando cadde nelle mani di un solo, divenne una prigione sicura e terribile pei suoi nemici. Lo schiavo del dispotismo imperiale, o fosse condannato a stra-
- ↑ Il delitto di lesa Maestà era da prima una offesa di alto tradimento contro il Popolo romano. Augusto e Tiberio, come Tribuni del popolo, lo applicarono alla lor propria persona, dandogli una estensione infinita.
- ↑ Poi che la virtuosa e sventurata vedova di Germanico fu messa a morte, Tiberio ricevè i ringraziamenti del Senato per la sua clemenza. Non era stata pubblicamente strangolata, nè il cadavere fu strascinato alle Gemonie dove si esponevano quelli dei malfattori ordinarj, Ved. Tac. Ann. 25 Sveton. in Tiberio c. 53.