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dell'impero romano cap. iii. 117

molte dotte conferenze, di una vasta e paziente lettura, e di molte notturne applicazioni. In età di dodici anni abbracciò il rigido sistema degli stoici che gl’insegnò a sottomettere il corpo allo spirito, le passioni alla ragione, a considerar le virtù come l’unico bene, il vizio come l’unico male, e tutte le cose esterne come cose indifferenti1. Le sue Meditazioni, composte nel tumulto di un campo sussistono ancora; egli condescendeva eziandio a dar lezioni di filosofia in un modo più pubblico di quel che forse convenisse alla modestia di un savio, o alla dignità di un Imperatore2. Ma la sua vita era il più nobil commento dei precetti di Zenone. Rigido con sè stesso, compativa gli altrui difetti, ed era giusto e benefico con tutto il genere umano. Si dolse che Avidio Cassio, il quale eccitò una ribellione in Siria, gli avesse, con una morte volontaria, tolto il piacere di farsi d’un nemico un amico, e giustificò la sincerità di questo sentimento col moderare lo zelo del Senato contro gli aderenti del traditore3. Detestava la guerra come il flagello dell’umanità; ma quando la necessità di una giusta difesa lo sforzò a prender l’armi,

    fosse un poltrone, o Cicerone un imbecille. Lo spirito ed il valore seducono assai più dell’umanità e dell’amore per la giustizia.

  1. Tacito ha in poche parole esposti i principj della scuola del Portico. „Doctores sapientiae secutus est, qui sola bona quae honesta, mala tantum quae turpia, potentiam nobilitatem, caeteraque extra animum, neque bonis, neque malis adnumerant.„ Tacito Stor. IV 5.
  2. Avanti la seconda sua spedizione contro i Germani, fece alcune pubbliche lezioni di filosofia al popolo romano. Egli avea già fatto lo stesso nelle città della Grecia e dell’Asia. Stor. Aug. in Cassio c. 3.
  3. Dion. l. LXXI p. 1190 Stor. Aug. in Avidio Cassio.]