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dell'impero romano cap. iii. 113

dio, o nella incerta luce di un panegirico. Esiste però un altro panegirico molto lontano dal sospetto di adulazione. Dugento cinquant’anni incirca dopo la morte di Traiano, il Senato, nel far le solite acclamazioni per l’avvenimento di un nuovo Imperatore, gli augurava di superare Augusto in felicità, e Traiano in virtù1.

Si può certamente credere che un tal padre della patria fosse in dubbio, se dovesse o no affidare il sommo potere al carattere incerto ed incostante del suo parente Adriano. Nei suoi ultimi momenti l’Imperatrice Plotina o determinò artificiosamente l’irresoluzione di Traiano, o arditamente suppose una finta adozione2, della cui verità sarebbe stato pericoloso il disputare, ed Adriano fu pacificamente riconosciuto come suo legittimo successore. Sotto il suo regno, come abbiamo già detto, l’Impero fiorì in pace ed in prosperità. Egli incoraggiò le arti, riformò le leggi, assicurò la disciplina militare, e visitò tutte le province in persona. Il suo ingegno vasto ed attivo sapeva egualmente levarsi alle più estese mire, e discendere alle più minute particolarità del governo civile; ma le passioni sue dominanti erano la curiosità e la vanità. Secondo che queste in lui prevalevano, e secondo i diversi oggetti che le eccitavano, Adriano si mostrò, a vicenda, principe eccellente, sofista ridicolo, e geloso tiranno. In

  1. Felicior Augusto, melior Traiano: Eutrop. VIII, 5.
  2. Dione lib. LXIX, p, 1249 considera il tutto come una finzione sopra l’autorità di suo padre, ch’essendo governatore della provincia, nella quale morì Traiano, potea facilmente sviluppare questo mistero. Dodwell. Praelect, Cambden XVII. ha sostenuto che Adriano, essendo Traiano vivente, fu designato suo successore.