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dirigere i loro colpi contro l’autorità dell’Imperatore.

La storia ci presenta, è vero, una occasione memorarabile, nella quale il Senato dopo settant’anni di pazienza fece uno sforzo inutile per riprendere i suoi da lungo tempo obbliati diritti. Quando il trono restò vacante per l’uccisione di Caligola, i Consoli convocarono il Senato nel Campidoglio, condannarono la memoria dei Cesari, diedero libertà per parola d’ordine alle poche coorti, che freddamente seguivano la parte loro, e per quarantott’ore operarono come Capi indipendenti di una libera Repubblica. Ma mentre ch’essi deliberavano, i Pretoriani aveano risoluto. Lo stupido Claudio, fratello di Germanico, era già nel loro campo rivestito della porpora imperiale, e preparato a sostenere la sua elezione con le armi. Il sogno di libertà svanì, ed il Senato si risvegliò in mezzo a tutti gli orrori di una servitù inevitabile. Abbandonata dal popolo e dalla forza militare, quella debole adunanza fu costretta a ratificare la scelta dei Pretoriani, e ad accettare il benefizio di un general perdono prudentemente offerto, e generosamente mantenuto da Claudio1.

L’insolenza degli eserciti destò in Augusto terrori più grandi. La disperazione dei cittadini non poteva che tentare quello che i soldati ebbero, in ogni tempo, la forza di eseguire. Quanto era precaria l’autorità di questo Principe sopra uomini da lui ammaestrati a violare ogni dovere sociale! Esso avea uditi i loro sedi-

  1. È gran perdita per noi quella parte di Tacito, che trattava di questo avvenimento. Siamo forzati di contentarci dei rumori popolari riferiti da Giuseppe, e delle imperfette narrazioni di Dione e di Svetonio.