Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/131

94 storia della decadenza

mente si dichiaravano dalla autorità legislativa. Le più importanti risoluzioni per la pace o per la guerra venivano seriamente dibattute nel Senato, e solennemente ratificate dal Popolo. Ma nei paesi molto lontani dall’Italia, i Generali si prendevan la libertà di portar le armi delle legioni contro qualunque popolo, e come più lor pareva espediente al servizio pubblico. Dal successo e non dalla giustizia delle loro imprese essi aspettavano gli onori del trionfo. Usavano dispoticamente della vittoria, specialmente quando non furono più ritenuti dalla presenza dei Commissarj del Senato. Quando Pompeo comandava nell’Oriente, egli ricompensò i suoi soldati ed i suoi alleati, detronizzò Sovrani, divise regni, fondò colonie, e distribuì i tesori di Mitridate. Ritornato a Roma, ottenne con un sol decreto del Senato e del popolo la ratifica universale di tutta la sua condotta1. Tale era il potere sopra i soldati o sopra i nemici di Roma che veniva concesso ai Generali della Repubblica, o era da loro usurpato. Essi erano nel tempo stesso i governatori o piuttosto i Monarchi delle province conquistate, univano alla civile l’autorità militare, amministravano la giu-

    e di Papirio Cursore. Violavano essi le leggi della natura e dell’umanità, ma sostenevano quelle della militar disciplina, ed il popolo, che abborriva l’azione, era forzato a rispettare il principio.

  1. Pompeo ottenne dagli sconsiderati, ma liberi suffragi del popolo un comando militare poco inferiore a quello di Augusto. Tra gli atti straordinarj di autorità esercitati dal primo, si può notare la fondazione di ventinove città, e la distribuzione di sei o sette milioni di zecchini alle sue truppe. La ratifica di tali atti trovò qualche opposizione e dilazione nel Senato. Ved. Plut. Appian. Dione Cassio, ed il primo libro delle lettere ad Attico.