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90 | storia della decadenza |
di Azio, il destino del Mondo romano dipendeva dal volere di Ottaviano, a cui l’adozione dello zio dette il nome di Cesare, e dipoi l’adulazione del Senato quello di Augusto. Questo conquistatore aveva sotto di sè quarantaquattro legioni veterane1 che conoscevano la propria forza e la debolezza della costituzione politica, avvezze per venti anni di guerra civile alle stragi ed alle violenze, ed appassionate per la famiglia di Cesare, dalla quale solamente aveano ricevute ed aspettavano le più larghe ricompense. Le province, lungamente oppresse dai ministri della Repubblica, sospiravano il governo di un solo, che fosse il padrone e non il complice di quei piccoli tiranni. Il popolo di Roma, vedendo con un segreto piacere l’umiliazione della aristocrazia, non domandava altro che pane e spettacoli, e la mano liberale di Augusto lo contentava. I ricchi e culti Italiani, i quali aveano quasi generalmente abbracciata la filosofia d’Epicuro, godevano le presenti dolcezze della pace e della tranquillità, nè volevano interrompere sogno sì grato con la memoria della antica tumultuosa libertà. Il Senato avea colla potenza perduta la dignità; molte delle più nobili famiglie erano estinte; la guerra, o la proscrizione avean fatti perire i repubblicani riguardevoli per ardimento e per senno; e si era appostatamente lasciato libero l’ingresso in quell’ordine ad una mista moltitudine di più di mille persone, le quali disonoravano il lor grado in vece di trarne decoro2.
La riforma del Senato fu uno dei primi passi, coi