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dell'impero romano cap. ii. 85

minima ragion di supporre, che l’oro fosse divenuto più raro: è perciò evidente che l’argento era divenuto più comune, e che per grandi che fosser le somme trasportate nell’India e nell’Arabia, erano ben lungi dall’esaurire l’opulenza del Mondo romano; ed il prodotto delle miniere suppliva abbondantemente alle esigenze del commercio.

Non ostante l’inclinazione degli uomini ad innalzare il passato, e ad avvilire il presente, sì i provinciali che i Romani sentivano veramente, e di buona fede confessavano lo stato prospero e tranquillo dell’Impero. ,,Essi conoscevano che i veri principj della vita sociale, le leggi, l’agricoltura e le scienze, già inventate dalla saggia Atene, erano allora solamente stabilite dalla potenza romana, la quale con felice influenza aveva uniti i barbari più feroci sotto un governo eguale ed un linguaggio comune. Affermavano che con i progressi delle arti la specie umana era visibilmente moltiplicata. Celebravano l’accresciuto splendore delle città, il ridente aspetto della campagna, tutta coltivata ed adorna come un immenso giardino, e le feste di una lunga pace, che si godeva da tante nazioni, dimentiche delle loro antiche animosità, e libere dal timore d’ogni futuro pericolo1.,, Qualunque dubbio possa nascere dall’accento rettorico e declamatorio, che sembra dominare in questo passo, esso nell’essenziale perfettamente combina con la verità della storia.

Era quasi impossibile che l’occhio de’ contemporanei scoprisse nella pubblica felicità le nascoste cagioni

  1. Oltre diversi altri passi ved. Plinio Stor. Nat. III 5 Aristide De urbe Roma, e Tertulliano De anima c. 30.