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dell'impero romano cap. ii. |
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trasto della magnificenza romana con la barbarie ottomana. Le rovine dell’antichità, sparse per le inculte campagne, e attribuite dall’ignoranza al potere della magìa, danno appena un asilo al contadino oppresso, o all’Arabo vagabondo. Sotto il regno dei Cesari, l’Asia, propriamente detta, conteneva cinquecento città molto popolate1, arricchite di tutti i doni della natura, ed adornate da tutti i raffinamenti dell’arte. Undici città dell’Asia si erano una volta disputato l’onore di dedicare un tempio a Tiberio, ed il Senato esaminò i loro meriti respettivi2. Quattro di esse furono immediatamente rigettate come incapaci di un tanto peso; ed una di queste era Laodicea, il cui splendore apparisce ancora nelle sue rovine3. Laodicea ricavava una considerabilissima entrata da’ suoi greggi, famosi per la finezza della lana, ed avea ricevuto, poco avanti a questa contesa, un legato di più di ottocentomila zecchini lasciatole da un generoso cittadino4. Se tale era la povertà di Laodicea, qual deve essere
- ↑ Giuseppe De bello Jud. II 16 Filostr. in vit. Sophist. l. II p. 548. Edit. Olear.
- ↑ Tacit. Annal. IV 66. Ho impiegato qualche studio in consultare e paragonare tra loro i moderni viaggiatori, riguardo al fatto di quelle undici città dell’Asia; sette o otto sono affatto distrutte; Ipea, Tralli, Laodicea, Ilione, Alicarnasso, Mileto, Efeso, e possiamo aggiungere Sardi. Delle tre altre Pergamo è un misero villaggio di due o tremila abitanti. Magnesia, sotto il nome di Guzel-hissar, è città di qualche riguardo; e Smirne è una città grande, popolata di centomila anime. Ma mentre che in Smirne i Franchi hanno conservato il commercio, i Turchi hanno rovinate le arti.
- ↑ Ved. una esattissima e curiosa descrizione delle rovine di Laodicea nei viaggi di Chandler per l’Asia Minore p. 225 ec.
- ↑ Strabone l. XII. 866. Egli avea studiato in Tralli.