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dell'impero romano cap. ii. 69

senza timore del dono della fortuna. L’accorto Ateniese sempre insisteva dicendo, che il tesoro era troppo considerabile per un suddito, e ch’egli non sapeva come bene usarne. Abusane dunque, replicò il Monarca con una graziosa impazienza, giacchè ti appartiene1. Molti saranno d’opinione, che Attico eseguì litteralmente le ultime istruzioni dell’Imperatore; giacchè spese in util del pubblico la maggior parte dei suoi beni, i quali erano considerabilmente aumentati per un ricco matrimonio. Egli aveva ottenuta pel suo figlio Erode la prefettura delle città libere dell’Asia; e questo giovane magistrato, osservando che in quella di Troade mancava l’acqua, ottenne dalla liberalità di Adriano trecento miriadi di dramme (quasi dugentomila zecchini) per la costruzione di un nuovo acquedotto. Ma nell’esecuzione della fabbrica la spesa montando a più del doppio, ed i ministri dell’entrate publiche cominciando a mormorare, il generoso Attico impose loro silenzio col supplicare che gli fosse permesso di addossarsi il di più della spesa2.

I più abili maestri della Grecia e dell’Asia erano stati invitati con liberali ricompense a governare l’educazione del giovane Erode. Il loro allievo divenne ben tosto un celebre oratore, secondo l’inutil rettorica di quel secolo, la quale, confinandosi nelle scuole, sdegnava di comparire nel Foro o nel Senato. Gli fu conceduto a Roma l’onor del Consolato; ma egli passò la maggior parte della sua vita in un ritiro filosofico in Atene e nelle ville adiacenti, continuamente circondato

  1. Adriano fece in seguito un giustissimo regolamento, che divideva ogni tesoro tra il proprietario del luogo e l’inventore. Stor. Aug. p. 9.
  2. Filostrato in vita Sophist. l. II p. 543.